Ho aggiornato il contenuto della pagina il 3 Luglio 2020

 

Viaggio in Irpinia, destinazione Feudi di San Gregorio. La avveniristica cantina sulle colline di Sorbo Serpico, icona della vitivinicoltura campana in Italia e nel mondo (300 ettari vitati distribuite in 800 particelle di vigneti, 30 milioni di fatturato ed export in 50 paesi del mondo) durante il lockdown ha coltivato progetti, idee e bellezza.

Ci ero stata l’ultima volta tre anni fa e non immaginavo di trovare tanto fermento: il ristorante Marennà completamente rinnovato, la nascita del brand Tenute Capaldo, il nuovo Goleto Greco di Tufo Docg, i picnic in azienda, il cinema in cantina nelle domeniche d’estate, la produzione di olio extravergine d’oliva, l’ambizioso progetto Feudi Studi.

Ed ancora la prima foresteria tra le vigne. Finalmente si potrà dormire tra i vigneti di fiano: a pochi passi dalla spettacolare cantina è stato recuperato il primo di una serie di antichi casali dove sono state ricavate cinque stanze, ciascuna con il proprio bagno, un living con camino e una cucina comune. All’estero le chiamano grape escape, sono le “camere con vigna” nate nelle aziende vinicole per accogliere i viaggiatori appassionati di territori e vini. Un progetto che Feudi di San Gregorio ha appena iniziato e che, sempre all’insegna di quella bellezza che da circa vent’anni guida ogni scelta aziendale, aggiunge un pezzo che mancava.

 

Dal 2004, con l’inaugurazione della cantina disegnata dall’architetto giapponese Hikaru Mori, una delle prime d’autore in Italia, esposta per ben due volte alla Biennale di Venezia, Feudi si distingue nel panorama vitivinicolo campano e italiano per le scelte pioneristiche e coraggiose: arte, design, architettura d’avanguardia. All’ingresso campeggia l’installazione a neon che riporta la dedica che Massimo Vignelli – tra i grandi protagonisti del design italiano – fece ad Antonio Capaldo, Presidente dei Feudi dal 2009:

“Antonio, i tre punti fondamentali della vita sono: visione, coraggio e determinazione”. È tutta qui la filosofia di questa azienda che da trent’anni (il 1986 è l’anno di fondazione) valorizza i vitigni autoctoni della tradizione irpina applicando ricerca, studio e innovazione.

Ovunque si respira fermento e creatività.

L’intero piano del ristorante Marennà è stato completamente ridisegnato negli spazi da Roberto Liorni: da una parte il ristorante con la grande cucina a vista, dall’altra il Teatro del vino e la sala Balthazar che ospita la cantina e un tavolo da 16 posti.

Il Teatro del vino è una grande novità: un vero e proprio anfiteatro con 32 postazioni disposte a gradoni e rivolte verso il bancone centrale in marmo, uno spazio del tutto nuovo pensato per lo più per ospitare degustazioni tecniche, per condividere l’emozione di stappare una bottiglia di formato speciale.

Una novità è il bancone bar all’ingresso del ristorante, dove si viene accolti per l’aperitivo; ma lo sguardo è rapito da subito dalla insolita struttura in rami di castagno al centro della sala. Sembra un gigantesco nido di uccello e racchiude, come in un abbraccio intimo e caldo, un unico tavolo circondato da bottiglie e grandi formati.

Ai vini è dedicata grande attenzione e non solo a quelli di casa: la carta del Marennà contempla oltre all’intera gamma Feudi e Tenute Capaldo anche 200 etichette di vini nazionali (naturalmente anche irpini) ed esteri che con Feudi condividono cura, qualità e visione.

Sui tavoli nessun tovagliato, solo una mise en place sobria su legno vivo o sul marmo, segno tangibile di un ritorno alla natura con eleganza. Ai fornelli del Marennà, da novembre 2019, c’è Roberto Allocca – già stella Michelin nel 2014 al Relais Blu – con una cucina pulita ed elegante, fatta di profumi e consistenze, senza orpelli, ma di carattere. La carta dà voce al territorio, alle materie prime – tanti gli ortaggi e le erbe provenienti dall’orto dell’azienda – con una cura particolare al gioco di consistenze e ai profumi: prendete ad esempio la Rana pescatrice affumicata al fieno Maggengo con zuppa di patate, cozze e zafferano, il piatto viene terminato al tavolo ed inebria il naso prima ancora del palato.

 

Ci sarebbe tanto altro da raccontare, come la immensa bottaia, le vigne storiche dei Patriarchi che sono monumenti vegetali con duecento anni di storia, la degustazione di olio extravergine d’oliva, la collezione d’arte contemporanea, il giardino pensile di rose.

Feudi di San Gregorio è davvero un viaggio nel viaggio, è una destinazione ed è inizio al tempo stesso per scoprire l’Irpinia.

Un grazie particolare ad Ella e Antonio Capaldo per l’accoglienza e a Francesca Oliviero per la passione e l’entusiasmo che mi hanno fatto compagnia. 

www.feudi.it

 

Gli altri progetti:

Tenute Capaldo. Il progetto, nato accanto a Feudi, racchiude un complesso di cantine che condividono gli stessi valori fondanti di visione a lungo termine, aderenza al territorio, cultura e rispetto del consumatore. Fanno parte di questo gruppo: DUBL, lo spumante campano metodo classico; Campo alle Comete, baluardo toscano a Bolgheri; Basilisco, cantina biologica nel Vulture; Ognissole, la biodinamica in Puglia; Sirch, negli splendidi Colli Orientali del Friuli e, infine, FedeGraziani, l’avamposto nel cuore dell’Etna. Tutte sono accomunate dai medesimi valori: produrre vini di eccellente qualità nel rispetto del territorio di appartenenza.

FeudiStudi. Un progetto che nasce dalla voglia di raccontare l’Irpinia con scelte di vinificazione e di affinamento senza compromessi, forti della consapevolezza che la viticoltura campana è il risultato di tante “piccole storie”, un mosaico composto da comunità, valli e colline, memorie, tradizioni e culture che la storia ha consolidato nel tempo. Da qui la scelta di selezionare quei vigneti che interpretassero senza mezze misure il territorio in base alle caratteristiche dell’annata. Ogni anno si producono pezzi unici in tiratura limitata (circa 2.000 bottiglie), non destinati ai canali commerciali tradizionali, la cui bottiglia esclusiva è la riedizione delle prime bordolesi del XVII secolo.